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Attenzione a cambiare residenza con il bambino senza ripassare per il Tribunale …
Nella vigenza di un
provvedimento di separazione o di divorzio nel quale viene regolamentato il
diritto di visita del padre, per trasferirsi in un'altra residenza la madre
deve chiedere e ottenere la modifica del precedente provvedimento. In mancanza
rischia l’incriminazione ex art. 388 c.p. per inottemperanza ad un
provvedimento del giudice.
Corte
di Cassazione Penale n. 43292/2013 sez. VI del 23/10/2013
G.C. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 29 febbraio 2012
della Corte di appello di Trento, che ha confermato la sentenza 12 aprile 2010
del Tribunale di Trento sezione distaccata di Cavalese, di condanna per il
reato continuato di cui all'art. 388 commi I e II cod. pen..
2. La corte distrettuale ha ritenuto destituita di ogni fondamento l'eccezione
di incompetenza territoriale ed infondato l'appello.
Per i giudici di merito la dettagliata specificazione contenuta nel
provvedimento presidenziale circa la collocazione della minore nell'abitazione
coniugale di (omissis) , presso la madre, e del diritto di visita anche
infrasettimanale del padre, mostrava di tenere conto della peculiarità del
caso, conseguente alla presenza di una neonata, e dell'irreparabile pregiudizio
potenzialmente derivante alla stessa dall'assenza di continuità e costanza
nella frequentazione paterna. Non, quindi, l'imposizione "coatta" di
una residenza alla madre, ma il perseguimento dell'interesse di una bambina di
otto mesi, che, allontanata per lunghi periodi dalla figura paterna, ben può
patire effetti irreversibili nel rapporto con il genitore.
Considerato
in diritto
Con
un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea
applicazione della legge, sotto il profilo del mancato accoglimento della
eccezione di incompetenza territoriale, competente essendo il giudice del
territorio di ... (luogo da cui la donna non si è mossa così rendendo
impossibile l'ottemperanza all'obbligo di consegna della prole al padre non
affidatario), e non invece il giudice trentino di ... (luogo dell'adempimento
dell'obbligazione).
Ritiene questa Corte l'inammissibilità del motivo in quanto palesemente non si
confronta con l'esaustiva argomentazione della Corte di appello sul punto, la
quale, con ampia spiegazione, ha dato correttamente conto che il luogo di
consumazione del reato di cui all'art. 388 comma 2 cod. pen., coincide con il
luogo dell'inottemperanza della stabilita consegna della minore figlia al padre
e considerato altresì che, diversamente opinando, si lascerebbe alla parte
inadempiente la scelta del giudice territorialmente competente.
Con un secondo motivo si lamenta l'illegittimità dell'obbligo di permanenza
in un dato territorio e si cita adesivamente una decisione della sezione feriale
della Cassazione n. 34024/2010 Rv. 248182 secondo cui non integra il reato di
elusione del provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento dei figli la
condotta del coniuge separato che - quale affidatario dei figli minori, e obbligato a
far sì che l'altro coniuge possa incontrare e tenere con sé i figli nei giorni e nelle
settimane predeterminate nel provvedimento giudiziale - trasferisca in altra città
la residenza propria e dei figli, ma astenendosi da specifici contegni di impedimento
all'esercizio del diritto di questi di far visita e incontrare i figli.
Anche questa doglianza non sfugge alla sanzione dell'inammissibilità,
richiamate comunque le corrette considerazioni della Corte trentina nella parte
in cui si è negata la sussistenza di un'imposizione "coatta" di una
residenza alla madre, versandosi nella specie nella ben diversa situazione
della prospettiva dell'utile perseguimento dell'interesse di una bambina di
otto mesi, che, laddove allontanata per lunghi periodi dalla figura paterna,
avrebbe finito col sopportare effetti irreversibili nel funzionale rapporto con
la figura paterna, di fatto esclusa per la condotta della madre.
Questa sezione della Corte si è infatti più volte espressa nel senso che
l'elusione dell'esecuzione di un provvedimento del giudice civile che riguardi
l'affidamento di minori può concretarsi in un qualunque comportamento da cui
derivi la "frustrazione" delle legittime pretese altrui, ivi compresi
gli atteggiamenti di mero carattere omissivo, quando questi siano finalizzati
ad ostacolare ed impedire di fatto l'esercizio del diritto di visita e di
frequentazione della prole (cfr. in termini: Cass. pen. sez. 6, 33719/2010 Rv.
248157, fattispecie in cui vi erano stati frequenti e non comunicati
spostamenti del luogo di dimora senza preavviso al marito separato non
affidatario; massime precedenti Conformi: n. 37118 del 2004 Rv. 230211, n.
32846 del 2009 Rv. 24462).
Orbene nella specie bene i giudici di merito:
a) hanno ravvisato e ritenuta integrata tale "frustrazione" nella
condotta dell'affidata ria la quale, senza proporre alcuna impugnazione al
giudice civile si è attivata per disattendere i provvedimenti impostile,
inizialmente violando le disposizioni presidenziali sul diritto di visita del
padre e, successivamente, di fatto, trasferendosi in Sicilia, senza fare
ritorno e senza preoccuparsi neppure di cercare un accordo con il coniuge al
fine di ottemperare parzialmente alle statuizioni giudiziali;
b) hanno correttamente chiarito che il trattenersi nella regione di origine
costituisce un diritto dell'imputata, non incompatibile, soprattutto sinché la
stessa non ha trovato un lavoro, con l'ottemperanza al dovere di collaborazione
che le incombe, al fine di favorire i rapporti tra la minore ed il padre;
c) hanno concluso con una incensurabile valutazione di merito (per coerenza e
logicità) circa la sussistenza di un comportamento della G. sistematicamente
volto, sin dalla data dei provvedimenti provvisori presidenziali, alla
violazione dei provvedimenti emessi nell'interesse della minore (circostanza
questa che non consente l'annullamento con rinvio chiesto dal Procuratore
generale in udienza);
d) hanno sottolineato che l'imputata, contumace in primo e secondo grado, ha
fornito alcuna spiegazione (di ordine economico, sanitario, od altro) che
giustificasse l'allontanamento della minore dal padre;
e) hanno infine evidenziato che la circostanza, per cui, successivamente la
Corte d'Appello in sede civile, prendendo atto della situazione realizzatasi e
del reperimento di un'attività lavorativa ad (omissis) da parte della G.,
abbia modificato i precedenti provvedimenti, a nulla rileva in ordine alla
commissione del reato in precedenza consapevolmente ed intenzionalmente
realizzata dall'imputata.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della
Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro. 1000,00 (mille).
P.Q.M.
dichiara
inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro. 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.