E' possibile accordarsi sulla eventuale separazione prima del matrimonio?

30 gennaio 2016

Accordi prematrimoniali. Vietati o
ammessi?

In molti ordinamenti stranieri, specialmente anglosassoni, è
data facoltà ai coniugi di regolamentare l’assetto dei rapporti patrimoniali in
caso di fallimento dell’unione coniugale, come ad esempio stabilire l’ammontare
dell’assegno di divorzio e del contributo al mantenimento dei figli, oppure
stabilire a chi sarà assegnata la casa coniugale.

In Italia invece i patti prematrimoniali sono nulli perché
contrari all’ordine pubblico. Nel nostro ordinamento infatti, non è possibile
disporre preventivamente dei diritti patrimoniali conseguenti alla scioglimento
del matrimonio, perché un accordo siffatto finirebbe per limitare il diritto di
difesa nell’eventuale giudizio di divorzio, sia in relazione agli aspetti economici
sia, e prima ancora, alla stessa dichiarazione di divorzio. Un accordo di
questo tipo avrebbe infatti una causa illecita in quanto condizionerebbe il
comportamento delle parti nel giudizio concernente uno status, in un ambito,
cioè, in cui la facoltà di scelta ed il diritto di difesa devono invece essere
massimamente garantiti.

Ma l’ostacolo non è insormontabile. Recentemente la Corte di
Cassazione ha stabilito il principio che non sono contrari all’ordine pubblico
internazionale, e cioè ai principi fondamentali dell’ordinamento, gli
accordi  prematrimoniali omologati in uno stato estero.E
ciò in quantoin base all’art. 30 della L. 215/95 due
coniugi italiani residenti all’estero possono liberamente scegliere un
ordinamento straniero per regolare i loro rapporti patrimoniali; rapporti
patrimoniali che in questo caso saranno ritenuti validi ed efficaci anche in
Italia.

Tuttavia di recente la Suprema Corte è sembrata aprirsi alla possibilità di accordi prematrimoniali anche
in Italia, ammettendo la validità di un ’accordo con il quale  i coniugi stabilivano in anticipo, in caso di
cessazione del matrimonio, il trasferimento all’altro dell’immobile di sua
proprietà a titolo di rimborso delle spese sostenute dal coniuge beneficiario
di tale trasferimento, per la ristrutturazione di altro immobile adibito a casa
coniugale. Tale tipo di accordo è stato ritenuto valido perché  la separazione o il divorzio non erano la
“causa” che aveva  dato luogo  all’accordo medesimo, ma avevano assunto la
rilevanza di semplici eventi temporali idonei a rendere efficace l’accordo.
 

Roma, 18.12.15

Avv. Andrea Giordano

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